Stava semplicemente tornando a casa attraverso il cortile, ma un piccolo passero ha cambiato tutta la sua giornata

Il vento freddo spazzava le foglie secche nel cortile del palazzo. Dicembre stava appena iniziando a farsi sentire nell’aria: odore di gelo, cielo limpido, leggero scricchiolio sotto i piedi. L’uomo stava tornando a casa dopo il lavoro, pensando solo al calore e a una tazza di tè, quando improvvisamente sentì un flebile, quasi impercettibile cinguettio.

Il suono era così debole che la maggior parte delle persone non lo avrebbe nemmeno notato. Ma lui si fermò, ascoltò attentamente e il cinguettio si ripeté. Intermittente, disperato.

Non lontano, vicino ai bidoni della spazzatura, sul cemento freddo giaceva un piccolo passero. Bagnato, tremante, con un’ala impigliata in un sottile filo metallico lucido che il vento aveva agganciato al contenitore. L’uccello si muoveva a malapena, le zampe tremavano, il respiro era frequente e debole.

L’uomo si accucciò delicatamente accanto a lui.
«Zitto… ora», disse quasi sussurrando, cercando di non spaventarlo.

Il passero non oppose resistenza quando lo liberarono. Era troppo stanco, troppo infreddolito. Ma anche dopo che il filo metallico fu rimosso, non riuscì ad alzarsi: non aveva più forze.

A casa, il passero fu avvolto in un morbido asciugamano e messo vicino alla lampada per riscaldarlo. Il tremore diminuì gradualmente, il respiro divenne più regolare. Accanto a lui fu messo un piattino con acqua calda e qualche briciola. Dopo un po’ di tempo, il piccolo uccellino bevve il primo sorso e poi prese cautamente una briciola.
Era un segno: sarebbe sopravvissuto.

Per tutta la notte l’uomo si avvicinò alla scatola per controllare che tutto fosse a posto. Al mattino il passero era già seduto, arruffato, ma ben saldo sulle zampe. Quando gli fu tesa la mano, fece un piccolo balzo, non per paura, ma come per riconoscere qualcosa.

Il giorno dopo lo portarono in cortile. L’aria era fredda, ma i raggi del sole filtravano tra le case. L’uomo aprì le braccia e il passero rimase seduto per un attimo, come se stesse riflettendo, poi sbatté bruscamente le ali.

Si posò su un ramo, si guardò indietro e rimase lì a guardare per un po’. Emise un breve e squillante cinguettio e solo allora scomparve sopra i tetti.

Dopo alcune settimane, lo stesso squillante cinguettio risuonò alla finestra. Sul parapetto era posato un passero, identico al primo, con lo stesso luccichio negli occhi. A volte tornava, si fermava per poco, come per esprimere la sua gratitudine da uccello.

A volte sono proprio i più piccoli esseri viventi a ricordarci meglio di tutti che
il bene non scompare, ma ritorna.

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