La nonna è rimasta a lungo davanti alla vetrina, stringendo tra le mani un piccolo foglietto. La vista le mancava, le gambe le tremavano, ma continuava a rileggere i nomi per non sbagliare. Erano le medicine che le erano state prescritte dopo l’ultimo ricovero in ospedale: pillole per il cuore, gocce, pomata. E, cosa più importante, un farmaco costoso, senza il quale si sentiva male già dopo un paio di giorni.
Si avvicinò alla cassa, porse la scatola, sentì il prezzo e fu come un pugno al cuore. I soldi che aveva contato con cura a casa non bastavano. La pensione era stata inferiore al previsto. E le bollette, la spesa… avevano assorbito tutto il resto.
«Signorina… si può fare senza questo?» chiese indicando il farmaco più costoso.
«Senza di esso la cura non ha senso», rispose severamente la farmacista.
La nonna abbassò lo sguardo.
«E uno sconto? Magari un’offerta speciale…?»
«Purtroppo no».
Sospirò, raccolse le monete nella mano tremante e capì: le mancavano settanta rubli. Settanta. Una somma irrisoria, se vista dall’esterno. Ma per lei in quel momento era un abisso.
Si allontanò dalla cassa e si sedette su una sedia in un angolo. Guardava la scatola come se fosse qualcosa di irraggiungibile. Poi, silenziosamente, quasi impercettibilmente, la sollevò e la nascose nella borsa… Non corse, non si agitò, ma si diresse verso l’uscita a piccoli passi lenti.
Era già vicina alla porta quando sentì una voce dietro di sé:
«Signora, aspetti».

La voce non era brusca, né arrabbiata, ma sorpresa. Era la ragazza farmacista. Raggiunse la nonna e le disse sottovoce:
«Ha dimenticato lo scontrino».
La nonna impallidì. Abbassò lo sguardo, tirò fuori la scatola.
«Io… lo restituirò. Mi scusi. Non volevo. È solo che… ne ho davvero bisogno. E io…» La voce le si spezzò.
La ragazza la guardò in modo diverso, come se la vedesse per la prima volta. Non come una ladra. Ma come una persona che non ha un posto dove andare.
«Aspetti qui», disse.
E andò dietro al bancone.
La nonna voleva andarsene. Aveva paura. Si vergognava. Ma rimase.
La farmacista tornò con una busta. Piena. E dentro c’era proprio quel medicinale così costoso.
«Prendilo», disse. «È offerto dalla farmacia. Abbiamo un fondo di beneficenza, a volte aiutiamo chi ne ha bisogno».
«Ma… ma io non lo sapevo», sussurrò la nonna.
«Non devi saperlo. L’importante è che tu stia meglio».
Alla nonna vennero le lacrime agli occhi. Tenne a lungo la busta, come se temesse che potesse dissolversi.
Poi disse sottovoce:
«Ragazza… grazie. Mi hai salvata. Pensavo… che nessuno avesse bisogno di me».
La farmacista sorrise.
«Lei è importante. Solo che a volte bisogna dirlo».
Questa storia fece il giro di tutto il quartiere non per il furto, ma per la gentilezza che si rivelò più forte della vergogna e della povertà.
Da allora, ogni mese la nonna portava in farmacia un piccolo pasticcino o una mela «in segno di gratitudine».
E la farmacista diceva a tutti la stessa cosa:
«Se solo sapeste quante persone hanno semplicemente paura di chiedere aiuto…».
