La piazza era sempre rumorosa: turisti, caffè, musicisti di strada. Ma quella mattina il solito brusio cittadino è stato interrotto da delle urla.
All’inizio tutti hanno visto un uccello cadere dall’alto. Poi altri ancora. E dopo pochi secondi, una nuvola scura sembrava incombere sulla piazza, scendendo rapidamente. La gente si è dispersa in preda al panico: sembrava che il cielo fosse letteralmente “crollato”.
“Signore! Che sta succedendo?!” gridò una donna vicino alla fontana.
“Sotto la tettoia! Presto!” Un uomo con una giacca nera tirò la ragazza da parte, salvandola dalla caduta di un altro uccello.
Qualcuno cadeva inciampando, qualcuno correva verso la fermata dell’autobus coprendosi la testa con le mani. Alcune persone corsero nel bar più vicino, chiudendo la porta a vetri. L’atmosfera divenne tesa, come se la città fosse finita in un servizio di cronaca allarmante.
Dopo un minuto, il flusso di uccelli si interruppe bruscamente. A terra giacevano decine di piccoli corpi scuri: alcuni sbatterono le ali, altri non si muovevano più.
La polizia arrivò rapidamente. Gli agenti circondarono la piazza e cominciarono a chiedere alla gente di mantenere le distanze.
«È un attacco chimico?», chiese un uomo spaventato.
«Non ci sono dati che indicano che sia pericoloso per le persone», rispose con sicurezza un giovane poliziotto, anche se dai suoi occhi si capiva che nemmeno lui capiva cosa stesse succedendo.
Dopo venti minuti arrivarono gli ecologisti e i veterinari. Tra loro c’era la famosa ornitologa Elena Sargsyan. Fu lei la prima a esaminare gli uccelli.
Elena esaminò attentamente i cadaveri, senza fretta. Poi si rivolse al collega e disse a voce bassa, ma chiara:
«Sono rondoni. E quasi tutti giovani».
«Ma perché sono caduti in massa?», chiese il collega.
«C’è una versione… ma bisogna verificarla».
Mentre gli esperti prelevavano i campioni, la folla continuava a discutere.
«Pensavo che cose del genere succedessero solo nei film», disse nervosamente il ragazzo con la telecamera.
«Se sono caduti, significa che c’è qualcosa nell’aria», ipotizzò un altro.
«O qualcuno ha sparato loro!», gridò un uomo anziano.
Le discussioni cessarono quando Elena si avvicinò alla polizia e ai giornalisti con la conclusione ufficiale.
Parlò con calma, ma con serietà:
«Non c’è traccia di veleno, gas o radiazioni. La causa è una combinazione unica di fattori naturali».
I giornalisti si avvicinarono. La folla tacque.

«Questi rondoni migrano in grandi stormi. Ma stanotte sono stati colpiti da una forte corrente d’aria, con un brusco calo di pressione e umidità. Gli uccelli sono scesi più in basso del normale e hanno perso l’orientamento. E quando sopra la piazza sono stati accesi improvvisamente i riflettori festivi…».
Indicò con la mano il grande proiettore sull’edificio di fronte.
«… sono rimasti accecati per alcuni secondi e hanno perso l’orientamento. Per uccelli che volano a una velocità di 100 km/h, questo è sufficiente per precipitare al suolo».
«Quindi si tratta di un incidente?» chiese qualcuno dalla folla.
«Sì. È un fenomeno naturale. Molto raro, ma spiegabile».
Gli agenti tirarono un sospiro di sollievo: la tensione era notevolmente diminuita.
I veterinari riferirono che alcuni uccelli erano stati salvati: diverse decine erano già stati inviati al centro di riabilitazione.
Verso sera la piazza era stata ripulita. La gente continuava a discutere di ciò che aveva visto, a rivedere i video sui telefoni, a condividere le proprie emozioni.
Mentre Elena raccoglieva l’attrezzatura, il ragazzo con la telecamera le si avvicinò.
«Lei fa questo lavoro da molti anni. Non ha paura di vedere cose del genere?».
Lei sorrise leggermente:
«La paura è quando le persone vanno nel panico. Ma gli uccelli… gli uccelli ce la faranno. Ce la fanno sempre».
In quel momento, sullo sfondo del cielo nebbioso, volò un piccolo stormo di rondoni, quelli che erano sopravvissuti. La gente alzò lo sguardo e, per la prima volta in quel giorno, nella piazza non si udirono più grida, ma solo un sospiro silenzioso e sollevato.
