Non potete immaginare cosa sia successo loro sotto il ghiaccio sottile e perché ancora oggi abbiano paura del lago Torven!

Quel giorno, il vento gelido proveniente dalle catene montuose settentrionali spazzava via le nuvole grigie sopra il lago Torven. L’acqua lì non si congelava mai completamente: la corrente era troppo insidiosa e le profondità troppo buie.

Ma ai margini il lago era ricoperto da uno spesso strato di ghiaccio che scricchiolava sotto il proprio peso. Ed è proprio lungo questo margine che tre amici, Mikael, Anders e Lina, hanno deciso di attraversare per raggiungere una stazione di pesca abbandonata.

Sembrava che tutto sarebbe andato bene: la barca era robusta e le onde erano calme. Ma presto il cielo cambiò colore, come se avesse assorbito tutta la luce del giorno. Il vento si alzò improvvisamente, con una raffica improvvisa, e la superficie dell’acqua divenne simile alla pelle di una bestia infuriata.

Mikael cercò di girare la barca, ma era troppo tardi: un’enorme onda scura si avvicinò da dietro quasi senza rumore e li ribaltò in un istante. Il freddo li colpì come le pareti di una prigione sottomarina. L’acqua gelida si chiuse sopra le loro teste e ogni movimento si trasformò in una lotta per la sopravvivenza.

Emersero, aggrappandosi all’aria, ai detriti, a tutto ciò che poteva tenerli in superficie. Ma l’onda li portò direttamente al bordo del campo di ghiaccio. Uno scricchiolio! Un fruscio! Lina urlò, ma la sua voce si perse nel ululato del vento. Il ghiaccio intorno era troppo sottile, coperto di crepe, come una rete di fili di vetro.

L’acqua li trascinava sotto le lastre di ghiaccio e ben presto l’unica cosa a cui potevano aggrapparsi era lo scafo capovolto della barca. Si tenevano aggrappati, tremando, con le dita, senza più sentire le mani. Pezzetti di ghiaccio si attaccavano ai loro capelli, alle ciglia, ai vestiti. Il corpo si intorpidiva gradualmente: prima le dita, poi i piedi, poi tutto il resto. Le urla si trasformavano in rantoli rauchi.

Persino respirare sembrava difficile, come se anche l’aria si fosse congelata. Anders fu il primo a notarlo. «Lina… Mikael…», la sua voce si spezzò, «là, sotto di noi…». All’inizio pensarono che stesse perdendo conoscenza. Ma poi lo videro con i propri occhi. Sotto lo spesso strato di ghiaccio, sotto le crepe e le bolle, qualcosa si muoveva. Non era un pesce. Non era un ramo. E di certo non era un riflesso. Era un movimento scuro, allungato, fluido, come se un’enorme ombra scivolasse proprio sotto i loro corpi.

E quell’ombra descriveva un cerchio, lento ma sicuro.

«Oh mio Dio…» sussurrò Lina, «cos’è?» Non ci fu risposta. Solo l’ombra, che ora si avvicinava alla parte più sottile del ghiaccio. Il ghiaccio si incrinò. All’inizio silenziosamente, con una linea sottile. Poi più velocemente. La linea si allargava, si espandeva come una ragnatela, e sotto di essa c’era un movimento, più veloce, più vicino, più grande.

Mikael capì: quella creatura, qualunque cosa fosse, non si muoveva a caso. Li sentiva. Un altro colpo, profondo, dal basso. Il ghiaccio ha sussultato. Anders è quasi scivolato in acqua, ma Lina lo ha afferrato per il colletto. Tutti avevano gli occhi spalancati, in cui si mescolavano paura, disperazione e istinto animale di sopravvivere a tutti i costi.

«La barca! Su! Spingete la barca sul ghiaccio! gridò Mikael, e le mani tremanti cominciarono a spingere lo scafo capovolto. Cercavano di tirare la barca su una zona di ghiaccio più spessa, nonostante fossero essi stessi per metà nell’acqua. Non avevano quasi più forze. Ogni spinta provocava dolore ai muscoli. Ma l’ombra sotto di loro si muoveva più velocemente.

E all’improvviso… Da sotto il ghiaccio, proprio ai loro piedi, emerse un’enorme bocca nera. Il ghiaccio si incurvò. Videro un occhio: giallo, freddo, spietato. La creatura colpì di nuovo il ghiaccio dal basso e questa volta la sottile crosta non resistette: una crepa si aprì fino alla barca.

In quel momento, Line riuscì a spingere la barca su uno spesso lastrone di ghiaccio. Mikael si tirò su per primo, poi aiutò Anders. Lina fu l’ultima a uscire e, quando afferrò il bordo della barca, sotto l’acqua balenò di nuovo un movimento, proprio sotto di lei, a pochi centimetri di distanza. Ma la lastra di ghiaccio tremò e resistette. La creatura scomparve nelle profondità. Potevano solo sentire l’acqua ribollire sotto di loro, come se qualcuno continuasse a girare, ma ormai distratto da qualcos’altro.

Non sapevano cosa fosse: un pesce enorme, un predatore mutante o semplicemente l’illusione di una mente disperata. Ma una cosa era chiara: il lago Torven custodiva segreti che la gente preferiva non raccontare. E quando i tre uomini tremanti, mezzi morti dal freddo, raggiunsero la riva, Lina guardò il lago un’ultima volta e sussurrò:

«Mai più». Ma alle loro spalle, lontano sul ghiaccio, si intravide una nuova crepa, liscia e circolare.

Come se qualcuno fosse ancora lì ad aspettare.

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