Un uomo si è trovato vicino a una leonessa selvatica nel momento più critico e ha visto qualcosa che non potrà mai dimenticare

La pianura africana si scioglieva sotto il sole. La terra era secca come cenere e l’aria tremava come se fosse in fiamme. Attraverso questo campo sconfinato camminavano due leoni: un maschio grande e indebolito con la criniera sbiadita e la sua compagna incinta, che riusciva a malapena a reggersi in piedi. Avevano cercato a lungo l’acqua, quasi sull’orlo della morte, ma il maschio non l’aveva lasciata un attimo, proteggendola dagli sciacalli, scacciando gli avvoltoi, condividendo le ultime forze.

Quando raggiunsero la riserva naturale di Salazia, furono notati dai guardiani, Alain e Juman. Era evidente fin da subito: questi animali avevano percorso una strada che avrebbe spezzato anche i più forti. Erano esausti, ma ogni loro movimento era dignitoso.

Dopo un paio di giorni fu chiaro: la leonessa doveva partorire. Ma il suo corpo era troppo debilitato. All’alba si accasciò sfinita vicino a un masso. Il maschio ruggì, non lasciando avvicinare nessuno. Ma quando Alain e Jumanì si avvicinarono senza armi, con il solo intento di aiutare, il leone improvvisamente tacque. Si limitò a guardare. A lungo. La diffidenza lasciò il posto a qualcos’altro, simile al consenso.

I guardiani lavorarono lentamente, con cautela, quasi in silenzio. Jumanie calmò la leonessa con la voce. Alain le somministrò l’anestetico. E poi non restò altro che aspettare.

La savana era immobile. Persino le cavallette tacevano.

Dopo due lunghe ore si udì un flebile ma vivace squittio.

Apparve un cucciolo di leone: minuscolo, insicuro, ma vivo.

La leonessa leccò il piccolo, raccogliendo le ultime forze. Il maschio si chinò e lo toccò con il naso. Il mondo sembrò fermarsi: non c’era né un alito di vento né un rumore.

Alain e Jumanie rimasero in silenzio accanto a loro. Sapevano che non era stata una semplice nascita. Era stata la vittoria della vita in un luogo dove le possibilità erano quasi nulle.

Dopo alcuni giorni la leonessa si riprese. Il cucciolo fu chiamato Taro, che significa “dono del cielo”.

L’ultimo giorno, quando i guardiani vennero a controllare che la famiglia si fosse ripresa, i leoni erano in piedi sulla collina. Il maschio, che in seguito sarebbe stato registrato nel diario della riserva come Ravan, guardò a lungo le persone con calma. E nel suo sguardo non c’era né rabbia né paura. Solo un silenzioso riconoscimento.

Da allora Ravan, Nara e il piccolo Taro sono diventati una leggenda di “Salazia”.

Perché a volte il miracolo appare dove nessuno se lo aspetta:
sotto il sole cocente, al confine tra la vita e la morte, dove una sola persona semplicemente non ha voltato le spalle.

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