Una fredda mattina. Aria umida, finestrini appannati, fruscio di giacche e silenzio indifferente. L’autobus sobbalza sui dossi, la radio gracchia dagli altoparlanti. La gente guarda i telefoni, qualcuno sonnecchia, qualcuno guarda irritato l’orologio.
Alla fermata successiva le porte si aprono e una donna anziana entra lentamente nell’abitacolo. Piccola, curva, con un vecchio cappotto e un berretto di lana, con una borsa di tela in mano. Le dita sono rosse per il freddo. Paga il biglietto con gli spiccioli, contando accuratamente ogni moneta.
«Sbrigati, nonna», borbotta qualcuno dietro di lei.
«Mi scusi, faccio in fretta…», risponde lei a bassa voce, cercando di non rallentare la fila.
L’autobus parte, facendola oscillare. La donna si aggrappa goffamente al corrimano, ma le mani le tremano e la borsa di tela le scivola dalle dita. Le patate si spargono sul pavimento, il pane cade nel corridoio.
«Ecco, brava!» dice ad alta voce una ragazza giovane vicino al finestrino, con le cuffie nelle orecchie e le ciglia lunghe. «Come sempre. Non sanno tenere le cose in mano e poi danno la colpa a tutti quelli che li circondano».
L’anziana si china e raccoglie le patate. La gente guarda, ma nessuno la aiuta.
«Scusa, bambina», sussurra. «Le mie mani non mi ascoltano più…».
La ragazza alza gli occhi al cielo, si toglie le cuffie e sorride:
«Magari dovrebbe stare a casa, se fa fatica? O la consegna di generi alimentari, non ne ha mai sentito parlare?».
Alcuni passeggeri si scambiano uno sguardo, qualcuno sorride sottovoce. La signora anziana tace. Si siede con fatica sul bordo del sedile e stringe a sé la borsa della spesa.
Dopo un paio di fermate, l’autista si gira, alzando leggermente la voce:
«Signori, cedete il posto. È Maria Petrovna!».
Nel salone cala il silenzio. L’autista continua:
«Una volta ho vissuto con lei, dopo aver perso mia madre. Mi ha dato rifugio, mi ha dato da mangiare, mi ha aiutato a finire la scuola…». Una donna gentilissima. Se non fosse stato per lei, forse non sarei sopravvissuto.
Tutte le teste si girano verso l’anziana signora. La ragazza vicino al finestrino impallidisce. Guarda la donna che ha appena deriso e non riesce a trovare le parole.
La vecchia alza silenziosamente gli occhi e sorride dolcemente:
«Siediti, tesoro. Non prendere freddo. Mi siederò un po’ anch’io».
Il vagone tace. Qualcuno nasconde lo sguardo, qualcuno si volta verso il finestrino. La ragazza si alza in silenzio, aiuta a mettere la borsa sullo scaffale e abbassa lo sguardo.
L’autobus prosegue il suo viaggio, ma ora regna il silenzio, denso come l’aria prima di un temporale.
Solo la vecchia, guardando fuori dal finestrino, sussurra piano:
«La gente va di fretta… E perde sempre la gentilezza lungo la strada».

