Il salone era inondato dalla morbida luce del mattino. Profumo di caffè e lacca per capelli, musica soft, asciugacapelli che ronzano, forbici che ticchettano. Anna lavorava in quel posto già da otto anni: sorridente, precisa, sempre riservata. Aveva una sua clientela fissa e ogni donna, sedendosi sulla sua poltrona, condivideva qualcosa di personale: a volte gioia, a volte dolore.
Quel giorno stava tagliando i capelli a una nuova cliente, silenziosa, dallo sguardo freddo. Sulla poltrona accanto, due clienti abituali chiacchieravano come al solito, ad alta voce e con sicurezza, come se l’intero salone fosse il loro palcoscenico.
«Hai sentito di quella Anna che lavora qui?», disse una, alzando gli occhi al cielo.
«Oh, certo». Dicono che abbia distrutto una famiglia.
«Sì, l’ho sentito anch’io… sembra che abbia portato via il marito a una cliente».
Anna si bloccò, con le forbici sospese in aria. Aveva la gola secca.
Parlavano con calma, con curiosità, come se stessero discutendo di una serie televisiva.

Deglutì, cercando di non darlo a vedere.
— Interessante — continuò la prima. — Sembra una persona così perbene.
— Esatto — rispose l’altra. — Non si può mai dire.
Anna sentì una stretta allo stomaco. Quelle parole la ferirono più di quanto potesse immaginare. Cercò di sorridere alla cliente, ma le mani le tremavano.
Quando il lavoro fu finito, si avvicinò allo specchio, guardò il suo riflesso e, per la prima volta dopo tanto tempo, vide non una parrucchiera, ma una donna che veniva giudicata senza conoscere la sua storia.
Perché era tutto diverso. Sì, l’uomo di cui si vociferava era stato sposato. Ma era stata proprio sua moglie a rivolgersi per prima ad Anna, piangendo, chiedendo consiglio, senza sapere che il destino li avrebbe portati tutti sulla stessa linea.
Anna pulì silenziosamente lo specchio e disse a bassa voce:
«A volte le persone non capiscono che le parole feriscono più delle forbici».
Poi tornò al lavoro, tranquilla come sempre.
