Stava semplicemente raccogliendo funghi… quando il terreno sotto i suoi piedi ha ceduto e sotto di lei si è rivelato qualcosa di terrificante!

In quel giorno di settembre, Anna, una pensionata di 67 anni proveniente da un piccolo villaggio vicino a Kostroma, è andata nel bosco, come faceva ogni autunno. Cestino, coltellino, thermos con il tè: tutto come al solito, tranquillo. La mattina era fresca ma soleggiata: foglie dorate volteggiavano nell’aria, la terra profumava di funghi e muschio.

Anna camminava lungo il sentiero familiare, canticchiando una vecchia canzone. Il bosco era il suo rifugio, un luogo dove non doveva pensare alle preoccupazioni e ai dolori. Si addentrò sempre più, felice che nessuno avesse toccato la sua radura preferita.

Sotto gli abeti brillavano i cappelli dei funghi, poco più in là c’erano i funghi podosinoviki, densi come giocattoli. Il cesto si riempì rapidamente. Ma non appena fece un passo dietro un tronco caduto, il terreno sotto i suoi piedi improvvisamente tremò. Prima si sentì un sordo scricchiolio, come se il ghiaccio si rompesse sotto il peso, e poi un crollo.

Anna non ebbe nemmeno il tempo di gridare. Il terreno le mancò sotto i piedi e lei cadde insieme a zolle di terra e foglie. Tutto durò pochi secondi: l’impatto, il dolore alla gamba, il buio. Quando riprese conoscenza, c’era silenzio. Solo da qualche parte sopra di lei brillava una debole luce: era il cielo. Anna giaceva sul terreno umido, circondata dal freddo e dall’odore di marciume. Cercò di alzarsi: la gamba le faceva male, ma riusciva a muoversi.

Si guardò intorno. Le pareti della fossa erano irregolari, di terra, ricoperte dalle radici degli alberi. L’altezza era di almeno quattro metri. Gridò: «Ehi! C’è qualcuno? Aiuto! L’eco rispose, ma la foresta rimase silenziosa.

Allora Anna, tremando, tirò fuori dalla tasca una torcia elettrica. La luce squarciò l’oscurità e illuminò qualcosa che le fece gelare il cuore. A pochi metri da lei, proprio sulla parete della fossa, si intravedeva qualcosa di bianco. All’inizio pensò che fosse una radice.

Ma guardando meglio, capì: era un osso. Umano. Indietreggiò, sbattendo la schiena contro la parete. Alzò il fascio di luce più in alto e vide che non era un solo osso. Tutta la parete era costellata di resti: costole, crani, frammenti di vestiti, bottoni arrugginiti. Un odore putrido le colpì il naso. Anna rimase in piedi, respirando a fatica. «Dio mio…», sussurrò.

Capì che non si trovava semplicemente in una fossa, ma in un’antica sepoltura. Forse risalente alla guerra. O forse era qualcos’altro, qualcosa di dimenticato e terribile. In preda al panico, cercò di uscire. Ma la terra le sfuggiva dalle mani e ogni volta che si aggrappava alle radici, queste si spezzavano. La torcia le scivolò dalle mani e rotolò verso la parete, dove sporgeva il teschio.

Le orbite erano vuote e nere. Anna scoppiò a piangere. Il tempo scorreva lentamente. Passò forse un’ora, forse più. Sentiva il freddo e l’oscurità che si infittiva. E all’improvviso, un rumore. Qualcosa si mosse sopra di lei. Il crepitio dei rami. «Ehi!» gridò di nuovo. «C’è qualcuno qui?» Non ci fu risposta. Ma le ombre sopra di lei si muovevano.

Per un attimo le sembrò che qualcuno la guardasse dall’alto. Una sagoma. «Aiuto!» gridò di nuovo. Ma invece di una risposta sentì un leggero fruscio, come se qualcuno si stesse lentamente allontanando. E allora Anna notò che qualcosa scricchiolava sotto i suoi piedi. Puntò la torcia verso il basso. E rimase senza fiato.

Sul pavimento, proprio ai suoi piedi, nel terreno, si vedeva una vecchia cassa di legno. Mezza marcia, con angoli di ferro. In un punto le assi erano rotte e dall’interno brillava qualcosa di metallico, simile all’oro. La toccò con cautela e l’asse cadde. All’interno c’erano monete antiche, croci d’argento, medaglie e… un proiettile conficcato nell’osso di una mano che sporgeva dalla cassa. Anna indietreggiò. Il cuore le batteva all’impazzata.

Non era una sepoltura normale. Era un luogo dove qualcuno aveva nascosto un corpo e un tesoro. Alzò di nuovo lo sguardo e si bloccò. Sul bordo della fossa c’era un uomo. Indossava un lungo mantello scuro con un cappuccio. Non si muoveva. Guardava semplicemente verso il basso. La torcia le scivolò dalle mani e si spense.

«Chi sei?!» gridò lei disperata. Silenzio. Poi una voce flebile e roca dall’alto:

«Nessuno avrebbe dovuto trovare questo posto…».

L’ultima cosa che riuscì a sentire fu un rumore, come se dall’alto fosse ricaduta della terra.

Il giorno dopo, la squadra di ricerca trovò una nuova voragine nel bosco. Il cesto dei funghi era lì vicino, appoggiato con cura contro un albero. E sotto… niente. Né buche, né tracce.

Solo terra liscia e la strana sensazione che il bosco sapesse più di quanto dicesse.

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