Era la fine della giornata lavorativa. La città stanca tornava a casa: la gente sbadigliava, qualcuno guardava il telefono, altri tenevano in mano i sacchetti della spesa. L’autobus procedeva lentamente, sobbalzando sui dossi, come sempre. Una donna era in piedi vicino al corrimano.
La borsa era sulla spalla, come al solito. Aveva in mano una rete con pane e latte. I suoi pensieri erano lontani: cosa preparare per cena, non dimenticare di chiamare la mamma, controllare i compiti del bambino…
E all’improvviso, un movimento appena percettibile. Ma nessuno notò nulla. Dietro di lei c’era un uomo basso con una giacca scura. Era troppo vicino. Più vicino del necessario. Aspettava. Stava aspettando. La sua mano si mosse lentamente, quasi impercettibilmente. Le dita erano sicure, come se lo avessero già fatto centinaia di volte.
La borsa si aprì leggermente. La cerniera scivolò. Il portafoglio scomparve, con delicatezza, silenziosamente, come se fosse solo una parte del movimento dell’autobus. La donna non si accorse di nulla. Ma una persona vide tutto. Un ragazzo di vent’anni, con le cuffie al collo, in piedi leggermente di lato. Notò tutto: come la mano scivolò sulla borsa, come la cerniera si aprì, come il portafoglio cambiò proprietario.
Ma non sapeva cosa fare. C’era molta gente sull’autobus. Alcuni erano stanchi, altri irritati, altri volevano semplicemente tornare a casa. Se avesse fatto una scenata, nessuno sarebbe intervenuto. E il ladro poteva essere pericoloso. Il ragazzo capiva che doveva stare attento.
L’autobus sobbalzò e in quel momento il ladro stava già per scendere alla fermata successiva. Il ragazzo fece un passo avanti.
«Signore», disse con calma, ma a voce alta, «le restituisca il portafoglio».
Il ladro si voltò. Un sorriso sottile, freddo. Come se fosse un gioco.
«Quale portafoglio? Ti sei confuso?», disse quasi affettuosamente.
La donna guardò il ragazzo con stupore. La sua mano si protese meccanicamente verso la borsa. La cerniera era aperta. Il suo viso impallidì.
Il cuore le cadde da qualche parte.
«Ridammelo», ripeté il ragazzo. Con tono più severo.
Nell’autobus calò il silenzio. Tutti ascoltavano. Ma nessuno intervenne. Il ladro si guardò intorno. Capì che se qualcosa fosse andato storto, nessuno lo avrebbe aiutato. Strinse i denti. E con grande riluttanza infilò la mano nella tasca. Il portafoglio era nella sua mano.

Fece un gesto con la mano, come se fosse una sciocchezza:
«Ma no, che dite… non l’ho notato. Volevo solo… aiutarvi, la cerniera era aperta».
Ma nessuno gli credette. La donna riprese il portafoglio. Le dita le tremavano così tanto che riusciva a malapena a tenerlo. Il ragazzo annuì in silenzio. E il ladro, senza dire una parola, scese alla fermata successiva senza voltarsi indietro. L’autobus riprese a viaggiare.
Il rombo del motore, il fruscio dei sacchetti, i sospiri. La donna si avvicinò al ragazzo.
«Grazie… se non fosse stato per te… non me ne sarei nemmeno accorta…».
Lui sorrise modestamente:
«Ho solo guardato con più attenzione».
E allora l’autista disse a bassa voce, ma chiaramente, guardando nello specchietto retrovisore:
«A volte tutti noi dobbiamo guardare con più attenzione».
A volte l’eroe non è colui che grida forte, ma colui che non passa oltre.
