Ho trovato qualcosa di strano nel cortile: delle palline bianche e rotonde. Sono rimasta sconvolta quando ho capito cosa fossero

Nel cortile era una normale giornata primaverile: terra umida dopo la pioggia notturna, odore di muffa, passeri che saltellavano sull’erba. Tutto era normale, tranquillo. È uscita in giardino per trapiantare alcuni cespugli e finalmente mettere in ordine l’aiuola. Rastrello, secchio, guanti: niente di insolito.

Ma quando la pala ha colpito il terreno, si è sentito uno strano rumore, leggermente croccante. Si chinò e vide qualcosa di bianco, ricoperto di argilla, tra i grumi di terra. All’inizio pensò che fossero granuli di plastica, forse qualcuno aveva accidentalmente versato il riempitivo dei giocattoli dei bambini o delle palline decorative. Erano piccoli, perfettamente rotondi, semitrasparenti, raccolti in grappoli fitti come uva. Ma non appena li toccò con il guanto, da qualche parte nel profondo del cumulo di terra si udì un leggero fruscio.

Si bloccò. Il cuore le batteva forte nel petto. Quelle “sfere” erano vive.

Per esserne sicura, tolse delicatamente lo strato di terra sopra di esse. E allora vide che le forme bianche e rotonde erano disposte in una camera compatta, come se qualcuno avesse costruito intenzionalmente un nido attorno ad esse. La terra era disposta in modo compatto, come una piccola caverna, ordinata, come se fosse stata fatta a mano… o da qualcuno che sapeva farlo altrettanto bene.

Capì che si trattava di uova. E ce n’erano molte. Decine. Troppe per qualcosa di piccolo. Sentì un brivido freddo dentro di sé.

I pensieri le turbinavano nella mente: «Che cos’è? Un uccello? Un rettile? Un serpente?».

Ma gli uccelli non depongono le uova nel terreno. I serpenti lo fanno raramente, e le loro uova hanno un aspetto diverso. E allora le venne in mente un ricordo: una volta aveva letto che alcuni insetti costruiscono camere sotterranee e vi depongono le uova.

E come a confermare la sua ipotesi, dal bordo del cumulo rotto strisciò fuori qualcosa.

Un corpo scuro e massiccio. Spesso, con una superficie chitinosa lucida. Movimenti lunghi e lenti. Era un insetto gigante. O, per essere più precisi, una femmina. E stava cercando di ricoprire la covata, spingendo la terra con il suo forte “muso” corneo.

Fu sopraffatta da un’ondata di terrore primordiale.

Perché capì:

era il nido di un coleottero. Quello che chiamano “granchio di terra”, “trapano vivente”, “incubo del giardiniere”, e che può rovinare l’intero orto, distruggendo le radici delle piante in pochi giorni.

E questo era il nido della futura colonia.

Deglutì. Il giardino era il suo orgoglio. Le aiuole erano il suo hobby e il senso della sua vita. Se avesse lasciato quel nido, nel giro di un paio di settimane ci sarebbero state decine di voraci larve di maggiolino in grado di trasformare il terreno in un deserto.

Guardò a lungo quella massa pulsante e vivente di palline bianche. C’era qualcosa di primitivo in questo: la lotta della natura per il proprio spazio, la vita nascosta sotto terra che si svolge proprio sotto il nostro naso, mentre noi fingiamo che tutto sia sotto controllo.

Ma ora c’era solo una soluzione.

Prese la pala. Fece un respiro profondo. E sollevò tutta la catasta in una volta sola.

Non provò né gioia né sollievo.
Solo la sensazione di aver intercettato il momento in cui la natura aveva cercato di riprendersi il territorio.

E che in quel momento lei non era la padrona, ma solo una partecipante.

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