Il sole stava lentamente tramontando dietro le montagne, tingendo il cielo di tonalità dorate e rosa. Il vento portava con sé il profumo dei pini e il freddo. Su uno stretto sentiero di montagna avanzava lentamente una sedia a rotelle, le cui ruote scricchiolavano silenziosamente sulla ghiaia, affiancata da un grosso pastore tedesco di nome Rex.
Sulla sedia a rotelle sedeva Eleanor Brandt, un’ex insegnante di letteratura di 82 anni. Dopo l’ictus non era più in grado di camminare, ma ogni sera chiedeva al nipote di portarla in un luogo da cui si godeva la vista sulla valle. Lì, secondo le sue parole, «sentiva di nuovo la vita».
«Lasciami qui, Daniel, non ci metterò molto. Non preoccuparti, c’è Rex con me», diceva sorridendo.
E Daniel, conoscendo il carattere testardo della nonna, si allontanava per poco, lasciandola sotto l’affidabile sorveglianza del cane.
La serata era tranquilla. Il vento muoveva l’erba secca, da qualche parte in lontananza un uccello cantava. Eleanor guardava il tramonto e ricordava suo marito. Accarezzò Rex sulla testa:
«Ricordi, mio vecchio amico… proprio qui, vicino a quel pino, mi ha chiesto di sposarlo…».
Il cane grugnì piano, come per dire che era d’accordo, e si sdraiò accanto a lei, affondando il muso nelle sue ginocchia.
Ma un improvviso colpo di vento fece saltare una pietra da sotto una delle ruote della carrozzina. La ghiaia si sparse e la carrozzina iniziò a scivolare lentamente in avanti, proprio verso il bordo.
Eleanor non fece nemmeno in tempo a gridare. Le ruote slittarono e il precipizio era a pochi metri di distanza.
Rex reagì immediatamente. Si lanciò in avanti, afferrò con i denti il bordo della coperta di lana che avvolgeva la padrona e tirò con tutte le sue forze. La coperta scivolò via, la carrozzina si inclinò, ma il cane non mollò la presa. Ringhiava, tendendo ogni muscolo, aggrappandosi al terreno con le zampe e lasciando profondi solchi.
«Rex…» sussurrò Eleanor, con la voce tremante per il terrore.

Il mondo si fermò. Si sentiva solo il rumore del vento e il respiro affannoso del cane.
E all’improvviso, uno scatto. Rex tirò bruscamente la carrozza di lato e questa si incastrò con una ruota contro una roccia. Tutto si fermò. Tra la ruota e il bordo del precipizio c’era meno di una mano.
Il cane stava lì, ansimando, con il pelo ricoperto di brina, ma lo sguardo vigile. Non si allontanò dalla carrozzina di un passo, finché non arrivò Daniel, che aveva sentito il rumore.
«Nonna! Che cosa è successo?», gridò, correndo verso di lei.
Eleanor era seduta, pallida, ma viva. Accarezzava il muso di Rex, mentre le lacrime le rigavano le guance.
«Mi ha salvata, Daniel… mi ha trattenuta…».
Il ragazzo guardò in basso: profondi segni di artigli, solchi e neve sciolta. Mancavano pochi centimetri al bordo. Si inginocchiò e abbracciò il cane.
Da allora Eleanor non chiese più di essere lasciata sola. Ogni sera tornavano qui insieme: Eleanor, Daniel e Rex. Il cane sedeva sempre lì vicino, guardando attentamente l’orizzonte, come se proteggesse non solo la sua vita, ma anche la sua stessa memoria.
E nel punto in cui il miracolo era realmente avvenuto, Daniel mise un piccolo cartello di legno con la scritta:
“Qui l’amore ha salvato una vita”.
A volte i miracoli non arrivano dal cielo.
A volte corrono verso di noi sulla neve, su quattro zampe,
con occhi fedeli, pronti a sostenerci
quando tutto il mondo crolla sotto i nostri piedi.
