Il bosco era silenzioso, inondato dal dolce sole di agosto. L’aria profumava di pini secchi, polvere e qualcosa di vecchio, come se il tempo si fosse fermato lì.
Due amici, Artem e Leo, stavano percorrendo una strada forestale abbandonata in sella alle loro motociclette. Facevano spesso queste gite: semplicemente per fuggire dalla città, ascoltare il rombo del motore e il rumore del vento, sentire che il mondo intorno a loro era ancora vivo.
Quel giorno era tutto come al solito. I caschi brillavano al sole, le catene luccicavano, la musica proveniva dagli altoparlanti. Ma alla curva, dove la strada finiva in un vecchio ponte affondato, Artem ha dato un colpo di freno.

“Aspetta… hai visto?” ha gridato nel microfono dell’auricolare.
«Cosa?» chiese Leo, avvicinandosi.
Artem indicò il ciglio della strada. Lì, tra i cespugli, giaceva una vecchia borsa scura. Era consumata, sporca di terra e con la tracolla strappata. Sembrava che fosse stata gettata lì molti anni prima.
«Probabilmente è spazzatura», disse Leo con un’alzata di spalle.
Ma Artem non distolse lo sguardo.
«Aspetta… mi sembra che si sia mossa».
Leo rise:
«Ma cosa, hai guardato troppi film horror?»
Ma quando si avvicinarono, anche lui rimase in silenzio.
La borsa si era davvero mossa. In modo impercettibile, come se qualcosa al suo interno respirasse.
Artem si chinò e la sollevò con la punta della scarpa.
Silenzio. Solo un leggero fruscio.
Si accovacciò e aprì con cautela la cerniera fino a metà. Un odore di umidità, benzina e qualcosa di vivo gli colpì le narici.
«Che cos’è?» chiese Leo, chinandosi.
«Non lo so… stracci sporchi…» Artem sollevò un ammasso di stoffa e da sotto si udì un debole squittio.
Entrambi rimasero immobili.
Artem tolse delicatamente i resti di stoffa e sotto vide due piccoli batuffoli.
Due gattini. Grigio e bianco, tremanti, coperti di sporcizia e polvere. Gli occhi appena socchiusi, le zampe deboli come fiammiferi.
«Dio… sono vivi!» esclamò Leo.
Un gattino miagolò piano, l’altro non si mosse nemmeno.
Gli amici erano sconcertati.
«Chi può aver fatto una cosa del genere?» disse Artem guardando i piccoli corpi. «Lasciarli così, in mezzo al nulla…»
Leo strinse i pugni:
«A volte gli esseri umani sono peggio delle bestie».
Trovarono rapidamente una bottiglia d’acqua nello zaino, ne versarono un po’ nel tappo e lo avvicinarono ai musetti. Il gattino grigio iniziò a bere avidamente, debolmente, ma disperatamente. Quello bianco si limitava a gemere silenziosamente.
«Non possiamo lasciarli qui», disse Artem con fermezza.
Leo annuì:
«Li portiamo con noi».
Mettevano una felpa nel bagagliaio, ci sistemavano i gattini e tornavano indietro con cautela.
Il sole stava tramontando, l’aria si faceva più fresca e la foresta sembrava osservarli.
La strada verso casa sembrava infinita. Gli amici guidavano lentamente, quasi senza parlare. Ogni volta che il motore rombava troppo forte, Artem si voltava per controllare se i piccoli respirassero.
Quando arrivarono in città, la prima cosa che fecero fu andare alla clinica veterinaria aperta 24 ore su 24. La veterinaria, una donna di mezza età dagli occhi gentili, prese i gattini in braccio.
«Siete arrivati in tempo…», disse guardandoli con un leggero sorriso. «Se li aveste trovati un’ora dopo, sarebbe stato troppo tardi».
I gattini furono lavati, riscaldati e nutriti con il latte dalla pipetta. Il grigio era un maschio, la bianca una femmina. La dottoressa sorrise:
«Allora, soccorritori? Trovate loro dei nomi».
Leo guardò Artem:
«Che ne dici di Lucky e Hope?»
«Va bene», rispose Artem, guardando i minuscoli esserini che si addormentavano sotto la lampada riscaldante.
Dopo qualche giorno tornarono a trovarli. I gattini avevano già aperto gli occhi, cercavano di gattonare e miagolavano più forte.
Alla clinica li conoscevano tutti: «I motociclisti che hanno trovato i piccoli».
Passò una settimana. Artem decise di tenerne uno per sé, Leo il secondo.
Ora, ogni mattina, quando si incontravano davanti al garage, i due gattini, uno grigio e uno bianco, sedevano vicini sui sedili delle moto, come se anche loro fossero pronti per l’avventura. 🐾
E ogni volta che passavano davanti a quella strada nel bosco, rallentavano, guardavano verso i cespugli e sorridevano in silenzio.
Perché a volte la vita non ti mette alla prova, ma ti fa un regalo: semplicemente in una vecchia borsa sporca in mezzo al bosco.
