La giornata era iniziata come al solito. Clara correva lungo il corridoio dell’ospedale con una pila di documenti medici tra le mani. Era già il terzo turno consecutivo, la stanchezza, l’odore di antisettico e il caffè della macchinetta automatica si fondevano in un flusso infinito. La sua stanza era l’ultima della fila e all’interno giaceva un nuovo paziente, portato lì durante la notte dopo un incidente. Era un uomo di mezza età, con le braccia fasciate, indebolito ma cosciente.
Sembrava calmo, quasi indifferente. Lo sguardo era diretto, ma stanco, come se avesse già vissuto tutto. Quando Clara entrò, lui annuì silenziosamente.
«Buongiorno, signor Hale», disse lei, tirando fuori i documenti. «Deve firmare i documenti per il trasferimento in un altro reparto».
Lui annuì e prese con difficoltà la penna. Le dita gli tremavano. Clara, senza esitare, avvicinò il tavolino e lo aiutò a tenere il foglio. Lui firmò, sospirò e la ringraziò sottovoce.
«Non è di queste parti, vero?», gli chiese lei, per sostenere in qualche modo la conversazione.
«No… Sono solo di passaggio», rispose lui con un leggero sorriso. «A volte la strada ti porta dove non avevi previsto».
Quella frase la colpì per qualche motivo. C’era qualcosa nella sua voce che le suonava familiare, ma Clara non ci fece caso. Il lavoro procedeva come al solito: misurare la pressione, controllare il catetere, cambiare la fasciatura. Tutto secondo la lista.
Quando uscì dalla stanza, una collega la chiamò nel corridoio:
«Sai chi è quello?
Il paziente del pronto soccorso notturno. Perché?
Ecco. È proprio l’uomo per cui sei mesi fa abbiamo raccolto fondi per ricostruire l’orfanotrofio. L’architetto che l’aveva progettato, ma che era rimasto coinvolto in un incidente mentre si recava all’inaugurazione.
Klara si bloccò. Ricordò quella storia: sua sorella minore era cresciuta proprio in quell’orfanotrofio. All’epoca tutta la città parlava di quell’uomo: aveva costruito una casa per gli orfani con i propri mezzi, senza alcun sostegno.
Tornò nella stanza. L’uomo dormiva già. Sul tavolino accanto al letto c’era la penna con cui aveva firmato i documenti. Clara la prese con cura e improvvisamente notò l’incisione sul corpo:
“Per coloro che credono ancora nel bene”.


 
            




