Tutti dicevano che sarebbe stato il “matrimonio dell’anno”. Una chiesa bianca su una collina, fiori freschi sull’altare, un’orchestra, anelli d’oro: tutto perfetto, come in una cartolina. Lo sposo era un architetto di successo, la sposa una ragazza tranquilla e raffinata di nome Lena. Le famiglie erano affiatate, gli ospiti sorridenti, il prete pronto a pronunciare le prime parole.
Ma nessuno ha visto come le tremavano le mani nella stanza prima della cerimonia… e come nella tasca del suo vestito c’era una lettera che stava rileggendo per la quinta volta.
Si è avvicinata all’altare accompagnata dall’organo, come previsto. Il velo scivolava dolcemente sul pavimento, lo sposo la guardava con amore. Tutti hanno trattenuto il respiro.
E quando il prete disse:
“Siete pronti, di vostra spontanea volontà e sincero desiderio…
Lena improvvisamente si bloccò. Guardava davanti a sé, ma non vedeva nulla. Le sue labbra erano diventate pallide.
“Scusa”, sussurrò al suo sposo.
E… scappò.
Dritto sul tappeto rosso, con il suo abito bianco, oltre gli ospiti, le candele e i fiori. Le damigelle d’onore balzarono in piedi, qualcuno sussultò, qualcuno si portò la mano al cuore. Lo sposo si protese verso di lei, confuso, ma non fece in tempo.
Alcuni pensarono che si fosse spaventata, che avesse cambiato idea. Qualcuno sussurrò: «L’amante?».
Ma quando lei corse fuori dalla chiesa, nessuno riuscì a indovinare: non stava scappando da qualcuno… stava correndo verso qualcuno.
Dietro la chiesa c’era un anziano signore alto con un cappotto scuro che teneva in mano… una croce da bambino. Piccola, d’argento, consumata.
«Hai davvero deciso di non dirglielo?», le chiese a bassa voce.
Era il prete del villaggio dove lei aveva vissuto tanto tempo prima. Colui che conosceva sua madre.
Colui che ieri le aveva detto:
«Lena, non devi sposarlo. Il tuo fidanzato è tuo fratello».
Lei non gli credette. Lui le diede una lettera, la vecchia confessione di sua madre:
«Ho nascosto la verità. Ho due figli. Uno è di mio marito. L’altro è di un altro uomo. Sono cresciuti senza conoscersi. Se stai leggendo questa lettera… sappi che lui deve saperlo».
C’era un nome. Il nome del suo fidanzato.
All’inizio Lena decise di tacere. Il matrimonio, gli ospiti, tutto era pronto. Forse era un errore? I test? Le prove?
Ma quella notte non riuscì a dormire. E al mattino arrivò quel vecchio e le disse semplicemente:
«Se taci, vivrai una vita nella menzogna. E non solo tu».
Lei andò all’altare… ma non riuscì a fare quel passo.
Mentre gli ospiti chiacchieravano all’ingresso, lei rimase in piedi dietro la chiesa, con le mani premute sul viso. Il fidanzato le corse dietro. Non gridò, non disse una parola. Si limitò a guardarla.
Lei gli porse la lettera con le mani tremanti.
Lui la lesse a lungo. Nessun muscolo del suo viso si mosse.
Poi si sedette sui gradini, coprendosi il viso con le mani. E tutta la chiesa improvvisamente tacque. Anche quelli che non sapevano nulla capirono: non era un capriccio. Non era una fuga dettata dalla paura. Era dolore. Ed era la verità.
Un’ora dopo la cerimonia fu annullata. Gli ospiti furono mandati via. Nessuno sapeva i dettagli. Nessuno osava chiedere.
Lei era seduta in una stanza vuota, quando lui entrò. Senza abito, senza anello.
«Grazie», disse solo. «Per non aver permesso che entrambi vivessimo nella menzogna».
E la abbracciò. Non come uno sposo. Come un fratello.
Non ci fu il matrimonio. Ma ci fu la verità.
E a volte è l’unica cosa che richiede più forza dell’amore.

