L’aeroporto di Monaco era rumoroso e affollato come sempre. La gente correva, le valigie rotolavano sul pavimento di marmo, gli altoparlanti annunciavano i voli e il sole mattutino splendeva attraverso le enormi finestre.
In mezzo a tutto questo trambusto, camminava lentamente un uomo anziano con la barba grigia ben curata e una valigia consumata in mano. Si chiamava Walter Stein, 82 anni, ex ingegnere. Aveva in tasca un biglietto stampato su carta normale e una piccola busta.
Sull’involucro era scritto:
“Per Emily. Da consegnare personalmente”.
Emily era sua nipote. Viveva in Spagna e non vedeva suo nonno da otto anni, da quando era morta sua madre, la figlia di Walter. Quel volo avrebbe dovuto essere il loro tanto atteso incontro.
Ma il destino aveva deciso diversamente.
Quando fu annunciato l’imbarco, Walter si mise in fila insieme agli altri passeggeri. Sorrise alla ragazza al check-in, mostrò il passaporto e il biglietto. Tutto era in ordine, finché non si avvicinò alla scala che portava a bordo.
La rampa era ripida e Walter si appoggiava al bastone. Due uomini in divisa, dipendenti dell’aeroporto, si scambiarono uno sguardo.
«Mi scusi, signore», disse uno di loro. «Non può salire le scale. È una violazione delle norme di sicurezza».
«Ma mi tengo al corrimano», rispose tranquillamente Walter. «Ce la faccio».
«No», disse freddamente il secondo. «Non può salire senza accompagnatore. Non possiamo assumerci la responsabilità se dovesse inciampare».
«Non scivolerò», disse piano il vecchio. «Devo solo salire su quell’aereo. È importante».
Ma gli uomini rimasero fermi sulla loro posizione.
La fila cominciò a muoversi nervosamente. Uno dei passeggeri mormorò:
«Lasciatelo passare, per l’amor del cielo, è anziano, non è invalido!».
Ma le regole sono regole.
Uno degli assistenti di volo chiamò il supervisore. Una ragazza in divisa si avvicinò, guardò Walter e disse in modo gentile ma deciso:
«Signore, deve aspettare un’auto speciale. La porteremo separatamente».
«Ma l’aereo sta già partendo…», disse lui guardando l’orologio.
«Non c’è niente da fare, signore».
Mentre cercavano un mezzo di trasporto, le porte dell’aereo si chiusero. Walter rimase in piedi vicino alla scaletta, stringendo il biglietto e la busta. Non discusse, non litigò, annuì semplicemente in silenzio e chinò il capo.
Un minuto dopo il suo volo decollò.
I dipendenti gli proposero di prendere un volo in serata. Lui accettò, ma nei suoi occhi non c’era più né irritazione né rabbia, solo stanchezza.
Dopo alcune ore Walter arrivò comunque a Barcellona. Ma al banco degli arrivi non c’era nessuno ad attenderlo. Solo più tardi venne a sapere che l’aereo che non era riuscito a prendere la mattina era finito in una tempesta sui Pirenei e aveva effettuato un atterraggio di emergenza.
Non tutti i passeggeri erano sopravvissuti.
Walter era in piedi vicino alla finestra dell’aeroporto, con la busta in mano, e non riusciva a credere che il suo ritardo sulla passerella gli avesse salvato la vita.
Più tardi incontrò comunque Emily, ma non al terminal, bensì in un vecchio caffè sul mare.
Lei corse da lui piangendo e lo abbracciò come se avesse paura di lasciarlo andare.
«Pensavo che non ti avessero fatto partire solo perché sei vecchio», sussurrò. «E invece… qualcuno ti ha semplicemente trattenuto al momento giusto».
Walter sorrise e guardò il cielo, dove nuvole bianche fluttuavano nel cielo.
«A volte, Emily», disse, «anche i ritardi più fastidiosi si rivelano un miracolo».