Sul treno una bambina mi ha rubato i biscotti e li ha mangiati proprio davanti a me

Stavo viaggiando in treno da Varsavia a Cracovia, stanco, irritato, con uno zaino pesante e un unico desiderio: la tranquillità. Nella mia cabina c’erano una donna di circa trent’anni e una bambina di circa tre anni, con le codine e grandi occhi grigi. Non parlavano quasi mai: la madre leggeva un libro e la bambina guardava fuori dal finestrino, stringendo a sé un coniglio di peluche.

Ho tirato fuori un pacchetto di biscotti e una tazza di caffè dal thermos: la semplice gioia del viaggio. Mi sono distratto per un attimo e quando ho guardato di nuovo, la bambina stava già masticando uno dei miei biscotti. Mi guardava dritto negli occhi e masticava rumorosamente, come per verificare la mia reazione.

«Ehi», mi sfuggì, «quello è mio».
Lei sorrise semplicemente, con le briciole sulle labbra e gli occhi luccicanti. La madre lanciò uno sguardo sopra gli occhiali, stanca:
«Mi scusi. Lei… a volte…» e non finì la frase.

Volevo indignarmi, ma qualcosa mi trattenne. Forse perché la bambina era così fragile, come se fosse di vetro. I successivi trenta minuti si trasformarono in uno strano gioco. Io prendevo un biscotto e lei allungava la mano e ne prendeva uno anche lei. A volte direttamente dal mio palmo. Io brontolavo e lei sorrideva, come se fosse un rituale segreto. La madre sedeva in silenzio, continuando a leggere il libro senza intervenire.

Quando, per scherzo, ho offerto alla bambina l’ultimo biscotto, lei mi ha guardato seriamente e all’improvviso ha detto:
«Io ti ho visto».

«Dove?»
«Là, sul binario. Eri lì da solo. E sembravi triste».

Rimasi sorpreso.
«Sei molto osservatrice».
«È solo che anch’io sono triste», disse piano. «Ma la mamma dice che non si deve».

La donna distolse lo sguardo dal libro, impallidì leggermente.
«Basta, Emma», disse severamente. «Non parlare».

La bambina strinse il coniglio tra le mani e si voltò verso il finestrino.

Il treno sferragliava sui binari e improvvisamente mi sentii a disagio. Nella mia testa continuava a risuonare: «Anch’io sono triste». Presi un altro pacchetto, volevo offrirglielo, ma lei dormiva già, abbracciata al suo peluche.

All’alba mi svegliai per primo. La donna non era più nella cabina. Sul sedile c’era solo il coniglio di peluche.
Guardai nel corridoio: non c’era nessuno. Il controllore disse che nessuno era sceso alla stazione.

Quando aprii lo zaino per prendere il thermos, dentro c’era il mio pacchetto di biscotti, riposto con cura, pieno.
E sopra c’era un biglietto scritto da una bambina con caratteri storti:
“Grazie per aver condiviso. Ora sarà più facile per te”.

Seduto lì, guardando il coniglio e la luce del mattino fuori dal finestrino, capii che non tutto ciò che sembra un incontro casuale è davvero casuale.

 

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