La mattinata era iniziata come al solito. L’aeroporto di Monaco era affollato: la gente correva per prendere i voli, qualcuno beveva caffè all’uscita d’imbarco, altri cercavano di sistemare le valigie nel bagagliaio. Su uno degli aerei della compagnia aerea EuroSky era in corso l’imbarco per il volo diretto a Barcellona.
Una donna incinta di nome Anna era l’ultima della fila. Indossava un cappotto lungo, aveva il viso pallido e si teneva la pancia, cercando di non mostrare quanto fosse difficile per lei. Aveva in mano una piccola borsa, dei documenti e una bottiglia d’acqua. Era già al settimo mese e il medico le aveva permesso di volare solo a condizione che tutto andasse bene.
Quando Anna entrò nella cabina, l’assistente di volo, con i capelli perfettamente acconciati e il sorriso di rito, le chiese: «A che mese è, signora? «Al settimo mese, ma ho un certificato del medico, è tutto a posto», Anna tirò fuori il foglio dalla borsa. La ragazza diede un’occhiata al certificato e, accigliandosi, sussurrò qualcosa alla collega.
Dopo un paio di secondi, un’altra assistente di volo si avvicinò con espressione fredda:
«Mi dispiace, ma non possiamo farla salire. È contro le regole della compagnia senza il permesso scritto del capitano». Anna era sconcertata.
«Ma ho un volo in coincidenza tra un’ora, non posso restare qui! Per favore, chiami il pilota, gli spiegherò…».
«Mi dispiace, ma la decisione è stata presa», tagliò corto l’assistente di volo.
«Deve lasciare l’aereo». Le persone nella cabina cominciarono a bisbigliare. Qualcuno sostenne Anna:
«Lasciate stare quella signora, ha i documenti!». Ma le assistenti di volo rimasero ferme sulla loro posizione. Il capitano non uscì dalla cabina.
Due assistenti di volo spinsero letteralmente Anna giù dalla scaletta, e una di loro disse con tono irritato: «È meglio che non corra rischi, signora, è per il suo bene». Anna scese con difficoltà, tenendosi al corrimano.
Il suo respiro era affannoso. Al banco del controllo chiese dell’acqua, ma l’addetta di turno le disse che doveva aspettare che le trasferissero il biglietto. Passarono solo pochi minuti.
L’aereo da cui era stata cacciata stava già rullando sulla pista di decollo. Anna era in piedi vicino al finestrino e guardava l’aereo che prendeva velocità. All’improvviso, nella sala risuonò un forte segnale di allarme. Le persone intorno a lei si bloccarono.
Sul tabellone si accese la scritta: Emergency Runway Stop. L’aereo frenò bruscamente, lasciando dietro di sé una scia di fumo proveniente dalle gomme. Qualcuno gridò, qualcuno corse verso i finestrini. Nel cielo sopra la pista, gli uccelli volteggiavano come se qualcosa li avesse spaventati. Dopo un paio di secondi, l’altoparlante annunciò: “L’atterraggio è temporaneamente sospeso.
Guasto tecnico a bordo dell’EuroSky 417. Si prega di mantenere la calma”. Anna si bloccò. Il suo cuore batteva forte. Sentiva le gambe tremare. Dopo qualche minuto, il controllore irruppe nella sala con la radio: «Hanno un guasto al sistema di navigazione. Se fossero decollati, dopo cinque minuti l’aereo avrebbe perso il controllo!».
La gente cominciò a guardarsi intorno. Qualcuno sussurrò: «Ma è lo stesso volo da cui hanno cacciato quella donna…». «La donna incinta?», chiese l’anziana signora accanto a lei. «Oh mio Dio…». Anna rimase in piedi a guardare l’aereo attraverso il vetro, incredula.
L’avevano cacciata… e questo le aveva salvato la vita e, forse, quella di tutti i passeggeri. In seguito si scoprì che durante il carico del bagagliaio sotto il sedile 14B si era verificato un corto circuito che aveva causato un guasto all’impianto elettrico. Se l’aereo fosse decollato, il guasto avrebbe provocato un incendio.
Quando, due ore dopo, i dipendenti della compagnia si avvicinarono ad Anna con le scuse e un nuovo biglietto, lei si limitò a sorridere. “Grazie, ma forse oggi non è il caso di volare”, disse con calma, tenendosi la pancia. Da allora, in quell’aeroporto si dice che a volte il destino interviene e salva coloro che sono stati ingiustamente allontanati.