Il pappagallo imparò a dire solo una parola. E fu proprio quella a salvare il gatto…

Quando nella famiglia Beliaev arrivò il pappagallo Kesha, tutti risero: era buffo, ma completamente silenzioso.
Per settimane — nessun suono. Né “Ciao”, né “Kesha bravo”. Guardava tutti con occhi attenti.

— Forse è solo pigro? — scherzava la mamma.
— O troppo intelligente per parlare inutilmente, — rideva il papà.

Ma proprio quel “miracolo silenzioso” un giorno divenne un eroe.

Nell’appartamento dei Beliaev viveva anche un’altra beniamina — la gatta Sonja. Bianca come la neve, soffice, con occhi da bambola di porcellana. Kesha e Sonja erano amici in modo curioso: il pappagallo amava sedere sullo schienale del divano e “osservare”, mentre la gatta lo guardava da sotto, come se capisse che in casa regnava la tregua.

Un giorno la mamma uscì per andare al negozio, il papà era al lavoro e Sonja dormiva sul balcone. Era una tranquilla giornata estiva, le finestre spalancate.
All’improvviso il cielo si fece scuro — iniziò a piovere. Una folata di vento fece sbattere la porta del balcone, che si chiuse di colpo.
Sonja rimase fuori.

Dopo qualche minuto, un tuono rimbombò, e la gatta, presa dal panico, cercò di saltare sul davanzale accanto.
Ma la zampa scivolò — restò appesa, aggrappata con gli artigli al bordo della ringhiera.

Nell’appartamento non c’era nessuno, tranne il pappagallo.
Kesha si accorse che la gatta era in pericolo.
Cominciò ad agitarsi, saltando nella gabbia, spiegò le ali — e all’improvviso…
Gridò con voce umana:

— SO-O-NJA!!! SO-O-NJA!!! SO-O-NJA!!!

I vicini di sotto alzarono la testa:
— Chi urla così? —
La mamma, tornando a casa, udì il grido disperato del pappagallo già sulle scale.
Corse nella stanza, si precipitò verso il balcone — e si bloccò:
Sonja era appesa alla ringhiera, aggrappata con le ultime unghie.

La mamma riuscì ad afferrarla proprio nell’istante in cui la gatta stava scivolando giù.
E il pappagallo, sul bordo della gabbia, con il becco spalancato, ripeteva la stessa parola che aveva imparato da solo, ascoltando ogni giorno la padrona chiamare dolcemente la gatta:
— “Sonja! Sonja!”

Quando tutti si calmarono, la mamma abbracciò sia la gatta che la gabbia con Kesha.
Il pappagallo si raddrizzò fiero e ripeté piano:
— “Sonja, brava!”

Da allora Kesha è diventato una celebrità del quartiere.
I vicini raccontano a tutti la storia — “dell’uccello che salvò il gatto”.
Ora dice più parole — “salvatore”, “eroe”, “gatta” — e ogni volta che Sonja esce sul balcone, il pappagallo la osserva attentamente e borbotta:
— “Sonja! Attenta!”

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