I cani randagi continuavano a radunarsi fuori dalla sua casa… finché finalmente capì il perché

Per settimane, Daniel si era svegliato con la stessa inquietante visione.

Ogni mattina, proprio quando il sole cominciava a sorgere, eccoli lì: un gruppo di cani randagi, seduti in silenzio davanti alla sua casa. Non abbaiavano, non litigavano, non si muovevano nemmeno molto. Se ne stavano semplicemente lì, fissando la sua porta d’ingresso.

All’inizio Daniel li ignorò. Non era un amante dei cani. Viveva da solo, era una persona riservata e aveva già abbastanza problemi senza bisogno che un branco di randagi gli infestasse la porta di casa.

Ma con il passare dei giorni, il loro numero aumentò. Prima tre cani. Poi cinque. Ben presto, una dozzina. Grandi, piccoli, di razze diverse. I vicini cominciarono a bisbigliare.

“Perché stanno seduti solo davanti a casa tua?”, chiese uno.

“Gli dai da mangiare?”, lo accusò un altro.

Daniel giurò di non aver dato loro nemmeno un boccone.

Una sera, perse la pazienza. Aprì la porta, agitò le braccia e gridò: “Andatevene via!”.

I cani non si mossero. Anzi, uno di loro, un magro bastardino marrone con delle cicatrici sul muso, inclinò la testa, quasi come se stesse… aspettando.

Quella notte, Daniel sognò il cane della sua infanzia, Max. Un golden retriever che era stato il suo migliore amico, il suo protettore, il suo conforto. Max era morto tragicamente quando Daniel aveva dieci anni. Nel sogno, Max era davanti alla porta d’ingresso, scodinzolando, cercando di condurre Daniel da qualche parte.

Si svegliò scosso. Quando guardò fuori, i randagi erano ancora lì. Ancora in attesa.

Contro ogni logica, Daniel decise di seguirli. Uscì e immediatamente il bastardino marrone sfregiato si alzò e trotterellò lungo la strada. Gli altri lo seguirono. Esitante ma curioso, Daniel li seguì.

I cani lo condussero per diversi isolati, lungo un vicolo che non aveva mai notato prima, e si fermarono davanti a un piccolo garage abbandonato. Guaiscono dolcemente, spingendo la porta.

Daniel la aprì e si bloccò.

All’interno, su una coperta sporca, giaceva una bambina spaventata. Aveva appena sei anni, tremava e stringeva un peluche strappato. I suoi occhi erano spalancati dalla paura.

Daniel sentì un nodo alla gola. Chiamò immediatamente i soccorsi. La polizia e i paramedici arrivarono in pochi minuti. La bambina era stata segnalata come scomparsa due giorni prima. Nessuno sapeva come fosse riuscita a sopravvivere alle fredde notti, finché non videro i segni: impronte di zampe tutt’intorno, avanzi di cibo trascinati all’interno e la coperta sistemata con cura.

I randagi l’avevano protetta. L’avevano custodita. E avevano scelto Daniel, il ragazzo che un tempo amava profondamente un cane, per essere colui che l’avrebbe trovata.

La mattina dopo, quando Daniel aprì la porta, i cani erano spariti. Tutti tranne uno. Il bastardino marrone sfregiato sedeva pazientemente, battendo la coda contro il terreno.

Per la prima volta dopo anni, Daniel sorrise.

“Dai, amico”, disse dolcemente. “Andiamo a casa”.

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